venerdì 29 marzo 2013

Dichiarazione IMU 2012 dei fabbricati del gruppo D : entro il 2 aprile 2013 la presentazione con i coefficienti aggiornati

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la risoluzione n. 6/DF di ieri, ha chiarito entro quale termine deve essere presentata la dichiarazione IMU dei fabbricati non iscritti in Catasto e sprovvisti di rendita, classificabili nel gruppo catastale “D” (immobili a destinazione speciale), che nello stesso tempo risultino interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati.
Per tali fabbricati, l’art. 5, comma 3 del DLgs. 504/92, richiamato dall’art. 13, comma 3 del DL 201/2011 (conv. L. 214/2011), prevede una particolare modalità di determinazione della base imponibile, basata sull’applicazione di appositi coefficienti di adeguamento ai costi storici di acquisto o di costruzione dell’immobile risultanti dalle scritture contabili (inventario) alla data del 1° gennaio dell’anno di imposizione, ovvero, se successiva, alla data di acquisizione. I costi vengono suddivisi in ragione dell’anno di formazione e rivalutati per i relativi coefficienti ministeriali.
In ordine alla corretta collocazione temporale dei costi di acquisto o costruzione sostenuti, valgono i seguenti principi:
- i costi di acquisto sostenuti nel 2012 sono rivalutati in base al relativo coefficiente;
- i costi incrementativi sostenuti nel 2011 concorrono a determinare la base imponibile IMU nel 2012;
- i costi incrementativi sostenuti nel 2012 concorreranno alla base imponibile IMU solo a partire dal 2013.
Stante quanto premesso, le istruzioni allegate al modello di dichiarazione IMU del 30 ottobre 2012 precisano che lo stesso, per la tipologia di immobili in commento, debba essere presentato entro 90 giorni dalla “chiusura del periodo di imposta relativo alle imposte sui redditi”. A tal proposito, non era chiaro a quale periodo d’imposta si dovesse fare riferimento al fine del calcolo del predetto termine.
Il Dipartimento delle Finanze, pertanto, ha precisato che il periodo d’imposta, dalla chiusura del quale devono essere calcolati i predetti 90 giorni, è quello in cui il “contribuente è in possesso di tutti gli elementi necessari per la determinazione della base imponibile” dell’IMU.
Riprendendo l’esempio fornito dal Ministero, nel caso in cui i costi incrementativi del valore degli immobili siano stati sostenuti nel corso del 2012, l’incremento del valore dell’immobile viene preso in considerazione per il versamento dell’IMU relativo all’anno 2013, poiché soltanto per il 2013 il contribuente è a conoscenza dei coefficienti di aggiornamento del valore degli immobili.
Di conseguenza, la dichiarazione dell’IMU per l’anno 2013 dovrà essere presentata entro 90 giorni dal 31 dicembre 2013, ossia entro il 31 marzo 2014.
Per quanto concerne invece la dichiarazione relativa all’IMU 2012 (versamenti eseguiti in giugno e dicembre dello scorso anno), a meno che il modello non sia già stato presentato entro il 4 febbraio 2013, la stessa dovrà essere presentata al Comune nel cui territorio sono ubicati gli immobili entro il prossimo 2 aprile 2013 (in quanto il 31 marzo 2013 è domenica ed il 1° aprile è festivo), tenendo conto degli appositi coefficienti aggiornati per l’attualizzazione dei costi contabilizzati approvati dal DM 5 aprile 2012.
Fonte: Eutekne – Autore : Arianna Zeri

giovedì 28 marzo 2013

Unico 2013 e 730/2013: esonero da tassazione dei redditi di fabbricati soggetti ad IMU

Il principio secondo cui l’IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, comporta effetti anche sul piano degli obblighi dichiarativi, grazie ad un ampliamento delle ipotesi concrete di esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Con Circolare 11 marzo 2013, n. 5, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sui rapporti tra l'IMU e le imposte dirette (IRPEF e addizionali).
In particolare, dalla sopracitata Circolare emerge che l'IMU:
• sostituisce l'IRPEF e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari relativi ai beni non locati;
• non ha cambiato le regole ordinarie di tassazione, ad esempio, per la componente agraria del reddito dei terreni, per il reddito di fabbricati locati senza l'applicazione della cedolare secca, per i redditi derivanti da immobili che non producono reddito fondiario.
Nei Modelli 730/2013 e UNICO Pf 2013, tuttavia, i contribuenti devono indicare anche i fabbricati e i terreni per i quali hanno versato l'IMU e non scontano l'IRPEF.
Per quanto riguarda le "casistiche particolari", la Circolare precisa che:
• nel caso in cui un immobile sia stato locato soltanto per una parte d'anno, l'IMU sostituisce l'IRPEF e le addizionali sul reddito relativo al periodo in cui l'immobile non è stato locato;
• nel caso di inagibilità del fabbricato l'IMU è dovuta in misura ridotta (base ridotta del 50%);
• gli immobili esenti IMU restano assoggettati alle imposte sui redditi e alle relative addizionali;
nel caso di locazione di una parte dell'abitazione principale è applicabile l'IMU se la rendita catastale rivalutata del 5% risulta maggiore del canone annuo di locazione. Sono, invece, dovute sia l'IMU che l'IRPEF (o la cedolare secca) nel caso in cui l'importo del canone sia superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%.
Dal 2012, invece, per l’applicazione del descritto principio di sostituzione IMU/IRPEF, né il reddito dell’abitazione principale né la restante quota di reddito fondiario concorreranno più alla determinazione del reddito complessivo e, in particolare, neanche i redditi “sostituiti” dei fabbricati non locati (come già, dal 2008 e per disposizione specifica quello dell’abitazione principale) concorreranno più alla determinazione dell’odierna imposta lorda.
Da ciò discende che, quest’anno, a parità delle citate condizioni dichiarative e per il medesimo contribuente, se le ritenute sui redditi di lavoro dipendente sono state correttamente operate dal datore di lavoro, non vi è imposta da versare in dichiarazione e, quindi, non scatterà più l’obbligo di presentazione della stessa.
Sul tema, peraltro, appare anche utile segnalare che, in tema di neutralità del reddito relativo all’abitazione principale, già la circ. Agenzia delle Entrate 9 gennaio 2008 n. 1 (§ 2) ebbe a precisare come il reddito (rendita catastale) della casa adibita ad abitazione principale e delle sue pertinenze (codici “Utilizzo”: 1 e 5 del Quadro B) dovesse essere comunque dichiarato tra i redditi dei fabbricati e sommato agli altri redditi eventualmente posseduti dal contribuente per la determinazione del reddito complessivo. Successivamente, tuttavia, ex art. 10, comma 3-bis del TUIR, dal reddito complessivo si sottraeva l’importo della rendita catastale dell’abitazione principale e delle sue pertinenze al fine di escludere detto reddito dalla base imponibile IRPEF.
A quel punto, tenuto conto che il reddito dell’abitazione principale, confluendo nel reddito complessivo, avrebbe influenzato l’importo delle detrazioni spettanti (che, decrescendo al crescere del reddito, le avrebbero diminuite) e al fine di evitare una penalizzazione economica estranea alla ratio legislativa, ai fini del calcolo dell’ammontare delle detrazioni spettanti per carichi di famiglia e per lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 12 e 13 del TUIR, è stata disposta la necessità di fare riferimento (ai soli fini di dette detrazioni) al reddito complessivo del contribuente, ma assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze, ex art. 10, comma 3-bis.

mercoledì 27 marzo 2013

Flussi d'ingresso per lavoratori extracomunitari stagionali 2013: dal 26 marzo 2013 si possono presentare le domande

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 25 marzo 2013 il DPCM 15 febbraio 2013, concernente la programmazione transitoria dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato per lavoratori non comunitari stagionali per l'anno 2013.
Di conseguenza, a partire dalle ore 8 del 26 marzo 2013 e fino al 31 dicembre del 2013 è possibile inviare le domande di nulla osta all'assunzione per lavoro stagionale, utilizzando il sistema telematico disponibile sul sito del Ministero dell'Interno.
Fonte: seac

martedì 26 marzo 2013

Comunicazione beni ai soci: ufficiale la proroga dell’invio dal 2 aprile 2013 al 15 ottobre 2013

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzai delle Entrate Prot. n. 2013/37550 del 25 marzo 2013 è stato disposta la proroga al 15 ottobre 2012 dell’invio della comunicazione dei beni ai soci e dei finanziamenti soci in scadenza il 2 aprile 2013. Entro il 2 aprile tutte le imprese avrebbero infatti dovuto trasmettere l'elenco di tutti beni affidati in godimento a soci e familiari e dei finanziamenti soci in relazione agli anni 2011 e 2012.
Riportiamo pertanto lo stralcio del provvedimento di proroga.
“Il termine del 31 marzo 2012, previsto al punto 3.5 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 novembre 2011, già prorogato al 31 marzo2013, è ulteriormente prorogato al 15 ottobre 2013.
Motivazioni
Il presente provvedimento modifica il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2011 e dispone il rinvio del termine per la comunicazione dei dati al 15 ottobre 2013.
Il rinvio è motivato dall’esigenza di valutazione, da parte dell’Agenzia, delle proposte di semplificazione avanzate dalle associazioni di categoria che riguardano la tipologia delle informazioni da comunicare e le relative modalità di trasmissione. Il rinvio del termine è, pertanto, funzionale alla definizione del confronto in atto con le associazioni di categoria.”

lunedì 25 marzo 2013

Modelli 730-4/2013: entro il 2 aprile 2013 l’ invio per i sostituti d’imposta della comunicazione dell’indirizzo telematico per la ricezione dei dati relativi ai 730-4

Ultimi preparativi e prime scadenze per le dichiarazioni dei redditi 2013. Tra gli appuntamenti in agenda per i prossimi giorni, uno riguarda i sostituti d’imposta. Entro il 2 aprile devono trasmettere la “Comunicazione per la ricezione in via telematica dei dati relativi ai 730-4 resi disponibili dall'Agenzia delle Entrate”. La scadenza quest’anno slitta di due giorni perché festivi sia il termine ordinario (31 marzo) che il giorno successivo.
Si tratta di un adempimento entrato a regime dallo scorso anno, dopo una fase sperimentale, attraverso il quale i datori di lavoro pubblici e privati comunicano all’Agenzia l’indirizzo web dove desiderano ricevere il flusso telematico dei modelli 730-4.
Una procedura veloce e “garantita” che consente di conoscere tempestivamente i risultati contabili delle dichiarazioni 730/2013 – contenuti appunto nei modelli 730-4 – dopo la “supervisione” dell’Amministrazione finanziaria.
L’Agenzia, infatti, riceve telematicamente da Caf e professionisti abilitati le elaborazioni effettuate sui 730 di pensionati e lavoratori dipendenti e mette i risultati contabili a disposizione dei sostituti d’imposta all’indirizzo che questi hanno l’obbligo di comunicare non oltre, appunto, il 2 aprile.
I dati potranno essere utilizzati direttamente per operare i conguagli in busta paga.
Il modello è quello approvato con il provvedimento dello scorso 22 febbraio. In rete, dall’1 marzo, anche i software di compilazione e controllo. L’ultimo prodotto informatico è diretto soltanto a coloro che hanno scelto di non usufruire dell’applicazione messa a disposizione dall’Amministrazione. In tal caso, infatti, il file prodotto deve essere sottoposto a preventiva procedura di controllo.
Anche quest’anno, comunque, non tutti i sostituti d’imposta sono tenuti a comunicare l’indirizzo telematico dedicato alla recezione del 730-4 tramite Agenzia delle Entrate. Alcuni, infatti, utilizzano direttamente i loro canali informatici. In particolare, non transitano per l’Amministrazione finanziaria i flussi dei risultati contabili riguardanti gli assistiti dall’Inps e dai sostituti d’imposta che si avvalgono del Service personale Tesoro del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Quindi, escluse le eccezioni sopra indicate, entro il prossimo 2 aprile, devono quindi trasmettere telematicamente la “Comunicazione per la ricezione in via telematica dei dati relativi ai 730-4 resi disponibili dall'Agenzia delle Entrate” tutti i sostituti d’imposta, compresi quelli non abilitati ai servizi telematici (Entratel o Fiscoline). Con lo stesso modello, infatti, è possibile segnalare l’intermediario presso il quale si desidera ricevere il flusso. Una via non negata, comunque, neanche ai datori di lavoro e agli enti sostitutivi abilitati ai servi telematici. Compilando il quadro B della comunicazione, infatti, anch’essi possono scegliere di “dirottare” i 730-4 verso un loro incaricato.
Non devono, tuttavia, ripetere l’operazione coloro che hanno già trasmesso la comunicazione negli scorsi anni e non hanno variazioni da segnalare. Nel caso sia cambiato qualcosa, invece, il modello deve essere nuovamente trasmesso indicando nel riquadro “Comunicazione sostitutiva” il numero di protocollo attribuito dall’Agenzia alla comunicazione che si chiede si sostituire.
Il modello è costituito da un unico prospetto.
Le prime informazioni riguardano il sostituto d’imposta e il 770 da questo presentato lo scorso anno.
A seguire, in caso di comunicazione sostitutiva, il protocollo di quella da “rimpiazzare”.
Scorrendo, uno dopo l’altro, troviamo il quadro A e il quadro B. La loro compilazione è alternativa.
Il primo, suddiviso in due sezioni, è riservato agli utenti abilitati a Fisconline o a Entratel che desiderano ricevere il flusso telematico presso la propria utenza web. La scelta avviene barrando l’apposita casella.
Passa direttamente al quadro B, invece, chi opta per un intermediario abilitato. Quadro B anche per le società che scelgono l’indirizzo telematico di un’altra impresa dello stesso gruppo per ricevere i risultati relativi ai 730 dei propri dipendenti.
I campi successivi sono per i casi di revoca della comunicazione per cessata attività del sostituto d’imposta, ipotesi che non aspetta il 2 aprile. L’Amministrazione va informata al verificarsi della circostanza.
Più in basso, spazi riservati all’intermediario abilitato, che fornisce i propri dati e s’impegna alla trasmissione telematica della comunicazione.
Chiude il modello una sezione da compilare soltanto se associata al quadro B. Contiene, infatti, la delega all’incaricato scelto dal sostituto d’imposta
Fonte: Fisco Oggi

venerdì 22 marzo 2013

Flussi d'ingresso lavoratori stranieri 2013: la Circolare congiunta n. 1815 del 19/03/2013 spiega i nuovi flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari 2013 (DPCM 15 febbraio 2013)

Il Ministero dell'Interno e il Ministero del Lavoro, con la Circolare congiunta n. 1815 del 19 marzo 2013, hanno fornito alcuni chiarimenti in merito al DPCM 15 febbraio 2013, concernente la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2013. Il citato DPCM è in corso di registrazione presso la Corte dei Conti e ne è attesa la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Tale decreto autorizza 30.000 ingressi (di cui 5.000 riservati per richiesta di nulla osta stagionale pluriennale) per le seguenti nazionalità: Albania, Algeria, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslava di Macedonia, Marocco, Mauritius, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia.
Nell’ambito del contingente complessivo, 5.000 unità sono riservate a favore dei cittadini dei sopra elencati paesi che siano entrati in Italia per prestare lavoro subordinato per almeno 2 anni consecutivi e per i quali il datore di lavoro presenti nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale. Le domande possono essere presentate solamente on line a partire dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto sulla G.U. e fino al 31 dicembre 2013. Il modulo è disponibile a partire dalle ore 8,00 del giorno 20 marzo. Il datore di lavoro potrà assolvere agli obblighi inerenti la comunicazione obbligatoria direttamente presso lo sportello unico

giovedì 21 marzo 2013

RESPONSABILITA SOLIDALE SUGLI APPALTI 2013: breve guida alla luce dei chiarimenti della Circolare 2/E del 1 marzo 2013

Quali responsabilità hanno i soggetti legati da un contratto di appalto? In che modo sono chiamati a rispondere di fronte al fisco? In quali casi sono invece esonerati dalla responsabilità solidale negli appalti? Ecco una breve guida, alla luce dei chiarimenti della Circolare 2/E del 1 marzo 2013.
Le nuove norme in commento introducono la responsabilità dell’appaltatore e del committente per il versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta dal subappaltatore o dall’appaltatore, in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del contratto di appalto. La responsabilità non opera laddove l’appaltatore/committente acquisisca apposita documentazione da cui emerge che il subappaltatore/appaltatore, alla data del pagamento del corrispettivo, abbia effettuato regolarmente i versamenti fiscali. In mancanza di documentazione, i pagamenti dei corrispettivi vanno sospesi. La finalità della norma è quella di contrastare fenomeni di evasione e far emergere base imponibile in relazione alle prestazioni rese in esecuzione di contratti di appalto e subappalto intesi nella loro generalità.
Fonti normative e amministrative. L’art. 13-ter del DL 22.6.2012 n. 83, convertito nella L. 7.8.2012 n. 134, ha modificato la disciplina in materia di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore in ambito fiscale, contenuta nell’art. 35 del D.L. 4.7.2006 n. 223 convertito nella L. 4.8.2006 n. 248.
I documenti di prassi a cui riferirsi sono:
1. la circolare n. 40 dell’8.10.2012 dell’Agenzia delle Entrate che ha fornito i primi chiarimenti circa:
o la decorrenza delle nuove disposizioni;
o la documentazione idonea ad attestare la regolarità dei versamenti delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’IVA, al fine di escludere la responsabilità dell’appaltatore e del committente.
2. la circolare n. 2 dell’1.3.2013 dell’Agenzia delle Entrate che ha fornito ulteriori chiarimenti riguardanti:
o l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della nuova disciplina;
o l’attestazione, in particolari ipotesi, della regolarità dei suddetti versamenti fiscali.
Per effetto della nuova disciplina, viene stabilito che l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore del versamento all’Erario:
• delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente;
• dell’IVA dovuta dal subappaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.
Ambito di applicazione. Le norme in materia di responsabilità dell’appaltatore e del committente si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere e servizi, a prescindere dal settore economico in cui operano le parti contraenti (in un primo momento si riteneva applicabile la nuova disciplina solo nel settore edile). La normativa si applica esclusivamente al contratto di appalto, come definito dall’art. 1655 c.c. (il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro).
La disciplina in esame trova applicazione:
• sia nell’ipotesi in cui vi sia un contratto di subappalto, che presuppone la coesistenza di almeno tre soggetti economici distinti (committente, appaltatore e subappaltatore);
• sia nell’ipotesi in cui l’appaltatore provveda direttamente alla realizzazione dell’opera affidatagli dal committente.
Sono escluse dal campo di applicazione della nuova disciplina le tipologie contrattuali diverse dal contratto di appalto o subappalto di opere e servizi, quali, ad esempio:
• gli appalti di fornitura dei beni;
• il contratto d’opera, disciplinato dall’art. 2222 c.c. (es. prestazioni professionali e piccoli artigiani);
• il contratto di trasporto di cui agli artt. 1678 ss. c.c.;
• il contratto di subfornitura disciplinato dalla L. 18.6.98 n. 192;
• le prestazioni rese nell’ambito del rapporto consortile.
Ambito soggettivo di applicazione. La nuova disciplina si applica ai contratti di appalto e subappalto conclusi:
• dai soggetti che stipulano i predetti contratti nell’ambito di attività rilevanti ai fini IVA;
• dai soggetti IRES, di cui all’art. 73 del TUIR (compresi, quindi, gli enti non commerciali);
• dallo Stato e da Enti pubblici, di cui all’art. 74 del TUIR.
Sono quindi esclusi:
• i condomìni;
• le persone fisiche che, ai sensi degli artt. 4 e 5 del DPR 633/72, risultano prive di soggettività passiva ai fini IVA (c.d. “privati”).
Di notevole importanza l’esatta individuazione dei confini tra la tipologia contrattuale del contratto d’opera di cui all’art. 2222 del C.C. e il contratto di appalto ex art. 1655 del C.C. Entrambi hanno in comune l’obbligazione verso il committente di compiere un’opera o un servizio a fronte di un corrispettivo, senza vincolo di subordinazione, e con assunzione di rischio a parte di chi li esegue. La differenza risiede nel fatto che nel contratto di appalto sussiste “un’organizzazione di media o grande impresa”, nell’accezione di una complessa organizzazione di fattori produttivi, a cui l’obbligato è preposto; mentre nel contratto d’opera prevale il lavoro dell’obbligato medesimo, anche se coadiuvato dalla presenza di familiari e collaboratori secondo il modulo organizzativo della “piccola impresa”.
È stato evidenziato che qualora il committente dell’appalto sia un condominio o un “privato” e il relativo appaltatore si avvalga di subappaltatori, la disciplina in esame sia applicabile in relazione al rapporto di subappalto, tra appaltatore e subappaltatore.
Per espressa previsione normativa, sono escluse dall’applicazione delle disposizioni in esame le stazioni appaltanti di cui all’art. 3 co. 33 del D.Lgs. 12.4.2006 n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). Si tratta delle amministrazioni aggiudicatrici pubbliche, le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, ecc.
Anche in tale caso, laddove il committente dell’appalto sia una stazione appaltante e il relativo appaltatore si avvalga di subappaltatori, la disciplina in esame sia applicabile in relazione al rapporto di subappalto, tra appaltatore e subappaltatore.
Decorrenza. Le nuove disposizioni in merito alla responsabilità solidale negli appalti si applicano ai contratti di appalto/subappalto stipulati dal 12.8.2012 e, per via delle norme contenute nello statuto del contribuenti, la verifica deve essere effettuata con riferimento ai pagamenti effettuati a partire dall’11.10.2012.
Fonte: Fisco7 Autore: Nicolò Cipriani

mercoledì 20 marzo 2013

Cartelle pazze EQUITALIA 2013: guida all' istanza per la sospensione

Le cartelle di pagamento sbagliate sono sospese su istanza del contribuente. La direttiva pubblicata da Equitalia (n. 2 dell’11 gennaio 2013) fornisce importanti chiarimenti sulle modalità da adottare per sospendere la riscossione delle “cartelle pazze” dando seguito alle previsioni contenute del decreto di Stabilità. Anche l’INPS ha ritenuto opportuno intervenire con una nota (messaggio n. 1636 del 28 gennaio 2013) per definire gli aspetti procedurali finalizzati alla sospensione della riscossione.
La norma (art. 1, commi da 537 a 544 della L. n. 228 del 24 dicembre 2012) sancisce che gli Agenti della riscossione sono tenuti a sospendere immediatamente ogni attività esecutiva e cautelare (fermi, ipoteche) sulla base di una dichiarazione presentata dal debitore, ove viene dimostrato su base documentale che il credito è stato interessato da:
• prescrizione o decadenza intervenuta in data antecedente all’esecutività dei ruoli;
• sgravio e annullamenti provenienti dall’ente impositore;
• sospensione amministrativa concessa dall’ente creditore;
• sospensione giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore;
• pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto, in data antecedente la formazione del ruolo;
• qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito.
L’istanza di sospensione deve essere presentata entro 90 giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile o di un atto della procedura cautelare ed esecutiva.
Una volta che il contribuente ha presentato l’istanza di sospensione:
1. entro il termine di 10 giorni, l’Agente della riscossione trasmette all’ente creditore detta istanza unitamente alla documentazione allegata, al fine di avere conferma circa la fondatezza delle ragioni del debitore;
2. decorso il termine di ulteriori 60 giorni, l’ente creditore è tenuto, con propria comunicazione inviata al debitore a mezzo raccomandata A/R o PEC, a confermare la correttezza della documentazione prodotta, provvedendo, in tal caso, a trasmettere all’Agente della riscossione il relativo provvedimento di sgravio, oppure ad avvertire il debitore dell’inidoneità della documentazione dandone anche in questo caso immediata notizia al concessionario per la ripresa dell’attività di recupero del credito;
3. in caso di mancato invio della comunicazione di cui al punto precedente, trascorso inutilmente il termine di 220 giorni dalla data di presentazione dell’istanza da parte del contribuente, il credito è annullato di diritto e l’Agente della riscossione è automaticamente discaricato.
La direttiva di gruppo di Equitalia n. 2/2013 dell’11 gennaio 2013 ha chiarito che le dichiarazioni tardive, ossia presentate oltre il termine di 90 giorni dalla notifica dell’atto che le origina, dovranno essere considerate prive di effetti, in quanto inammissibili. In altri termini, Equitalia considera il termine di 90 giorni un termine perentorio che, se non rispettato, comporta l’inammissibilità dell’istanza.
Alcuni autori hanno avuto modo di osservare:
1. la posizione di Equitalia che considera il termine di 90 giorni un termine perentorio è inaccettabile soprattutto se consideriamo le ipotesi in cui vi è uno sgravio oppure una sospensione giudiziale. Sarebbe alquanto curioso che a fronte di un provvedimento di sgravio ottenuto in sede giurisdizionale, il ritardo nella presentazione dell’istanza possa costituire una causa da opporre allo sgravio stesso;
2. è bene considerare la necessità del ricorso avverso l’atto di accertamento e la cartella di pagamento in quanto l’annullamento da ottenere in via amministrativa non può in nessun caso sostituire la via giurisdizionale;
3. l’obbligo di sospensione immediata della riscossione, a seguito di specifica istanza del contribuente, riguarda anche gli avvisi di accertamento esecutivi e non solo le cartelle di pagamento. In questi casi la richiesta del contribuente potrà essere avanzata solo dopo che siano decorsi ulteriori 30 giorni dalla scadenza per il pagamento dell’accertamento. E’ la risposta fornita nel corso del Telefisco 2013 dove i tecnici dell’Agenzia hanno chiarito che l’Agente della riscossione è tenuto a sospendere l’attività di riscossione anche con riguardo alle somme affidate in seguito alla notifica di un accertamento esecutivo per il quale sia trascorso inutilmente il termine ultimo di pagamento. Il contribuente che ha ricevuto la notifica dell’accertamento esecutivo può richiedere la sospensione solo dopo l’affidamento del carico all’Agente della riscossione. Di conseguenza, la domanda potrà essere inoltrata dopo che siano trascorsi 30 giorni dalla scadenza per il pagamento delle somme dovute (60 giorni dalla notifica dell’accertamento, ovvero 150 giorni nel caso in cui sia stata proposta istanza di adesione);
4. è il caso di sottolineare che, rispetto alle cause per le quali Equitalia procedeva in passato alla sospensione dell’atto di riscossione, previa autocertificazione del contribuente (sospensiva giudiziale, amministrativa, sentenza eccetera), la Legge di Stabilità introduce altre due ragioni che consentono l’ottenimento della sospensione: la prescrizione o decadenza della pretesa, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è stato reso esecutivo e in via residuale; e qualsiasi altra causa di non esigibilità del credito sotteso;
5. la direttiva di Equitalia ha avuto modo di precisare che l’esame della fondatezza di quanto dichiarato dal contribuente è riservato, in via esclusiva, all’ente creditore e non all’Agente della riscossione;
6. la norma stabilisce, infine, che, in presenza di documenti falsi o contraffatti, sarà l’ente creditore a dover comunicare la notizia all’Autorità Giudiziaria. L’irrogazione della sanzione amministrativa prevista (dal 100% al 200% dell’ammontare delle somme dovute, con un minino di 258 euro) rientra nella competenza dell’ente creditore e non dell’Agente della riscossione.
La Legge di Stabilità 2013 ha introdotto, quindi, un procedimento che, attivandosi per il tramite di un’istanza da parte de contribuente, sospende l’esecuzione della riscossione e, allo stesso tempo, ricorrendo l’inerzia da parte dell’ente creditore, produce l’estinzione del credito.
Autore: Nicolò Cipriani – Fonte: Fisco7

venerdì 15 marzo 2013

CUD INPS 2013: possibile anche la consegna via email o tramite professionista abilitato (Mess. inps 4428 del 13/03/2013)

Dopo aver fornito le prime istruzioni con la Circolare n. 32 del 26 febbraio 2013, in cui l’INPS annunciava che per il 2013 il modello CUD viene reso disponibile non più a mezzo posta, ma in modalità telematica, nella sezione “Servizi al cittadino” del sito www.inps.it, con possibilità, per l’utente, di visualizzare e stampare il certificato, previa identificazione tramite PIN; resta, comunque, nella facoltà del cittadino richiedere la trasmissione/consegna del CUD in forma cartacea.
con il Messaggio n. 4428 del 13 marzo 2013, l'INPS interviene nuovamente in merito alla consegna del modello CUD relativo al periodo d'imposta 2012.
In particolare l'Istituto, con il messaggio in esame, precisa che la consegna potrà avvenire anche:
• tramite richiesta fatta anche con posta elettronica non certificata, con allegati in forma digitale sia l'istanza di richiesta firmata sia un documento di riconoscimento o, in alternativa,
• tramite richiesta effettuata da un professionista abilitato, con rilascio a quest'ultimo di delega da parte del contribuente.
Pertanto gli utenti dell’Istituto potranno trasmettere la richiesta del CUD all’indirizzo richiestaCUD@postacert.inps.gov.it, utilizzando anche la posta elettronica ordinaria.
All’email di richiesta andranno allegate l’istanza (debitamente firmata e digitalizzata) e la copia (digitalizzata fronte/retro) di un documento di riconoscimento valido del richiedente, in conformità a quanto previsto dal terzo comma dell’art. 38 del DPR n. 445/2000. Ricevuta la richiesta nella modalità sopra descritta, il CUD verrà trasmesso all’indirizzo di posta elettronica indicato dal richiedente.
Per ottenere tale certificazione, il cittadino interessato può avvalersi, oltre che di un CAF, di uno degli altri soggetti, ossia professionisti, compresi tra quelli abilitati all’assistenza fiscale, che abbia stipulato con l’INPS la convenzione per la trasmissione dei modelli RED, in corso di validità. Il mandato, unitamente a copia di un documento d’identità del cittadino, deve essere conservato dal professionista ed esibito a richiesta dell’Istituto.
L’INPS a tal proposito ha spiegato che per consentire di ottenere il CUD in formato cartaceo a quel significativo segmento dell’utenza che non possiede dotazioni e competenze necessarie per la piena fruizione dei servizi online, sono stati approntati i seguenti canali alternativi di accesso: sportelli veloci delle Agenzie dell’Istituto; postazioni informatiche self service; posta elettronica; centri di assistenza fiscale; uffici postali; sportello mobile per utenti ultraottantacinquenni e pensionati residenti all’estero; in via residuale, nei casi di dichiarata impossibilità di accedere alla certificazione, direttamente o delegando altro soggetto, mediante gli altri servizi sopra elencati, spedizione del CUD al domicilio del titolare.
Inoltre, il messaggio n. 3682 del 1° marzo ha reso nota l’attivazione del numero verde 800434320, dedicato alla richiesta di spedizione del CUD al proprio domicilio.

Detrazione 55% per lavori di risparmio energetico 2013: entro il 02/04/2013 la comunicazione all’Agenzia delle Entrate per lavori a cavallo dell’anno

Si avvicina il termine per l’invio della comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei lavori di risparmio energetico, effettuati a cavallo tra il 2012 e il 2013, per i quali sono stati effettuati pagamenti nel 2012. La scadenza è il 2 aprile 2013 e riguarda tutti i contribuenti che nel 2012 hanno sostenuto spese per il risparmio energetico detraibili al 55% e non hanno terminato i lavori entro il 31 dicembre 2012.
In realtà la scadenza sarebbe quella del 31 marzo 2013, ma poiché cade di domenica e il 1 aprile é festivo, il termine ha subito uno slittamento naturale al 2 aprile.
Tale comunicazione obbligatoria é un adempimento introdotto con il D.L. n. 185/2008 (conv. L. n. 2/2009) che impone ai contribuenti di comunicare le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, qualora queste riguardino un intervento che si protrae nel periodo d’imposta successivo.
L’invio deve avvenire esclusivamente per via telematica, direttamente dai soggetti interessati o tramite un intermediario abilitato, entro 90 giorni dalla fine del periodo d’imposta in cui sono state sostenute le spese. Questo significa che il termine preciso del 2 aprile 2013 varrà esclusivamente per i soggetti IRPEF e per i soggetti “solari”.
Il documento deve contenere esclusivamente l’importo della spesa sostenuta nel 2012 (o nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, per i soggetti “non solari”), ricordando che per identificare tale momento é sufficiente verificare la data del bonifico per i privati cittadini e i lavoratori autonomi in linea con principio di cassa, e il periodo di competenza per tutto il resto delle imprese.
Il modello di comunicazione da utilizzare é quello approvato dal Provvedimento delle Entrate 6 maggio 2009 ed é disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate stesso.
Non sono tenuti a inviare il documento i contribuenti che hanno intrapreso i lavori nel 2012, ma hanno effettuato il pagamento solo quest’anno e quelli che, pur versando un acconto lo scorso anno, hanno iniziato gli interventi solo nel 2013.
Ma cosa succede se ci si dimentica di tale scadenza? Il mancato invio, come chiarito dalla Circolare 21/E del 23 aprile 2010, comporta una sanzione di importo compreso tra i 258 e i 2.065 euro (previsto dal D.Lgs. n. 471/1997) e non può essere sanata attraverso la remissione in bonis (introdotta dal DL n. 16/2012). Con l’istituto della remissione in bonis, infatti, possono essere sanati solo gli adempimenti e le comunicazioni indispensabili per fruire di benefici di natura fiscale o per accedere a regimi fiscali opzionali, non le omissioni che assumono natura di «mera irregolarità» e dal cui «mancato o tardivo adempimento discenda la sola irrogazione di sanzioni» e non la perdita del beneficio (Circolare 38/E del 28 settembre 2012).
Si ricorda infine che i soggetti IRES, per poter usufruire della detrazione ampia del 55%, dovranno ultimare i lavori entro il giugno del 2013: questo perché il D.L. n. 83/2012 (conv. L. n.134/2012) ha disposto la proroga di tale detrazione IRPEF/IRES del 55% per tutte le spese di riqualificazione energetica degli edifici sostenute fino al 30 giugno 2013. Successivamente, dal 1 luglio 2013 in poi, i soggetti IRES non potranno più beneficiare di alcuno sconto, mentre i soggetti IRPEF potranno beneficiare esclusivamente della detrazione del 36% prevista dall’art.16-bis del TUIR.
Fonte: Giovanni Fanni – Centro Studi CGN

mercoledì 13 marzo 2013

Spesometro e comunicazione beni ai soci 2013: richiesta la proroga della scadenza per l’invio di aprile 2013

Probabile doppio rinvio sui termini per l’invio delle comunicazioni dei beni ai soci e degli elenchi delle operazioni rilevanti ai fini IVA, i due adempimenti dovrebbero slittare di qualche mese rispetto alle scadenze attualmente previste, fissate rispettivamente al 2 aprile 2013 (comunicazione beni ai soci) e al 30 aprile (spesometro).
La proroga è stata chiesta al direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera.
Le motivazioni del probabile rinvio sono da ricercare nelle modifiche apportate allo strumento dal decreto sulle semplificazioni fiscali (artt. 2, comma 6 e 3, comma 2-bis del D.L. n. 16/2012) e alla necessità di procedere all’emanazione di un nuovo provvedimento dell’amministrazione finanziaria che recepisca le novità legislative e istituisca il modello, le istruzioni e le specifiche tecniche per procedere alla nuova comunicazione.
Nel dettaglio l’istanza di proroga sottolinea la necessità di un tempo maggiore per permettere all’Agenzia di fornire ai soggetti obbligati, con un adeguato anticipo, i chiarimenti necessari per adempiere correttamente al nuovo obbligo, vista la complessità della materia, l’estrema sinteticità della norma e i numerosi dubbi che l’applicazione della stessa solleva. Al riguardo, gli istanti si rendono disponibili ad evidenziare all’Amministrazione finanziaria i problemi più delicati che sono sorti nella prassi operativa e ad attivare un tavolo di lavoro congiunto per individuare le possibili soluzioni. Lo slittamento del termine, inoltre, renderebbe possibile l’auspicato intervento legislativo per un riordino sistematico della disciplina delle società di comodo, della disciplina delle società in perdita e della normativa relativa ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari.
In ordine all’invio degli elenchi dei beni concessi in godimento ai soci e ai familiari, il rinvio del termine dovrebbe essere disposto attraverso il provvedimento che istituirà il modello e le relative istruzioni, a seguito richieste pervenute da più fronti circa la necessità di procedere ad una semplificazione dell’adempimento. Quest’ultimo, infatti, riguarderà l’indicazione dei beni concessi in godimento per il 2011, anno di prima applicazione della norma (ex. art. 2 del D.L. n. 138/2011) e per il 2012.
Lo slittamento della scadenza al 30 settembre 2013, contestualmente al termine previsto per l’invio del modello UNICO, non determinerebbe conseguenze sul gettito di imposte previsto, ma verrebbe accolto di certo con favore dai contribuenti e dalla categoria dei professionisti che li dovranno assistere. Lo spostamento della scadenza andrebbe incontro alle esigenze della categoria che, nel mese di marzo, è impegnata nelle ordinarie scadenze: presentazione dei modelli di comunicazione delle operazioni con soggetti aventi sede, residenza o domicilio in Paesi a fiscalità privilegiata (“black list”); presentazione degli elenchi INTRASTAT; redazione dei bilanci al 31 dicembre 2012; presentazione delle istanze di interpello per la disapplicazione della disciplina delle società di comodo e di quelle in perdita sistematica; presentazione della domanda di rimborso di IRES e IRPEF per la deduzione IRAP relativa al costo del lavoro; comunicazione delle operazioni svolte con i clienti e con i fornitori (“spesometro”).
Per quanto concerne lo spesometro il rinvio inoltre farebbe seguito a quello disposto il 31 gennaio per i gestori di moneta elettronica con riferimento all’elenco delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo superiore ai 3.600 euro, relative al periodo 6 luglio-31 dicembre 2011 (comunicazione rinviata al 3 luglio 2013).
In definitiva i nuovi termini, così come è auspicabile, consentiranno di riconsiderare e semplificare gli obblighi per i contribuenti.
Pertanto, stando ad alcune indiscrezioni, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe disporre a breve la fissazione di un nuovo termine.
Con riferimento alla comunicazione dei beni in godimento ai soci, un provvedimento dovrebbe approvare modello e istruzioni e apportare modifiche alla disciplina dell’adempimento accogliendo le istanze di semplificazione proposte dalle associazioni di categoria.
Per ciò che concerne, infine, lo “spesometro”, l’Amministrazione finanziaria dovrebbe emanare un provvedimento che recepisca le novità legislative e fissi modello e istruzioni tecniche dell’adempimento.

Bilancio 2013 esercizio 2012: deducibili le perdite su crediti di modesto importo scaduti da oltre 6 mesi

L’attuale articolo 101, comma 5 del TUIR, così come modificato dal DL 83/2012 convertito, indica che sono presenti ex lege gli “elementi certi e precisi” per la deducibilità della perdita su crediti relativamente ai crediti di modesta entità (non superiori a 2.500 euro, per le imprese fino a 100 milioni di euro di fatturato, e 5.000 euro, per le altre), a condizione che sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso.
Nel bilancio 2012 occorre individuare il corretto comportamento contabile da adottare, in quanto si tratta della prima applicazione di tale previsione normativa. In assenza (e in attesa) di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, sono numerosi i dubbi applicativi.
Mentre non si originano problemi in caso di rinuncia all’incasso del credito o prescrizione dello stesso, in quanto tali situazioni determinano l’inesigibilità definitiva del credito e quindi lo stralcio contabile del credito con la rilevazione della perdita su crediti (previo utilizzo dell’eventuale fondo svalutazione crediti), si pongono rilevanti dubbi applicativi per i crediti scaduti nei confronti dei quali non si ritenga di rinunciare al loro incasso. Si tratta di crediti verso clienti che, complessivamente considerati, sono spesso presenti per importi significativi nei bilanci delle piccole e medie imprese in anni caratterizzati da crisi economica, soprattutto quest’anno, in cui devono essere considerati anche quelli scaduti negli esercizi precedenti il 2012.
Dal punto di vista contabile, in sede di redazione del bilancio, i crediti ritenuti inesigibili devono essere svalutati e non stralciati e portati a perdita. L’OIC 15 prevede infatti che “il fondo verrà in seguito utilizzato per lo storno contabile dei crediti inesigibili nel momento in cui tale inesigibilità sarà ritenuta definitiva, momento che sarà determinato in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche”.
I crediti di modesta entità scaduti da sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso in sede di chiusura del bilancio possono essere parzialmente o totalmente svalutati. Tali crediti rientrano cioè nell’ambito del processo valutativo volto a determinare il presunto valore di realizzo e, conseguentemente, l’ammontare del fondo svalutazione crediti.
In tali situazioni, nonostante l’interpretazione letterale del testo del TUIR possa indurre a ritenere che siano deducibili soltanto i componenti negativi di reddito qualificati come “perdite su crediti”: riteniamo che tale lettura – che sminuirebbe del tutto la novità normativa, poiché consentirebbe la deducibilità delle sole perdite su crediti definitive – non sia corretta.
La domanda che ci si pone è la seguente: le “svalutazioni” dei crediti di modesto importo scaduti da oltre sei mesi sono deducibili sulla base di elementi certi e precisi? A nostro parere, la risposta a tale quesito deve essere positiva.
Non si tratta di una problematica completamente nuova; infatti, l’art. 101 del TUIR prevedeva già la deducibilità delle perdite su crediti “in ogni caso” in presenza di procedure concorsuali. Si pensi, ad esempio, al caso in cui intervenga la sentenza di fallimento di un cliente nel corso dell’esercizio: in sede di chiusura, l’eventuale credito sarà svalutato anche del 100% (e non portato a perdita) in quanto l’inesigibilità non è definitiva (lo sarà eventualmente a seguito della conclusione della procedura fallimentare). Tale “svalutazione” è da ritenersi deducibile nonostante la norma fiscale preveda la deducibilità delle “perdite su crediti” .
Si deve cioè ritenere che l’espressione “perdite su crediti” utilizzata dal legislatore fiscale sia “impropria” sotto il profilo contabile, poiché si riferisce a situazioni in cui il redattore del bilancio deve, nel rispetto del codice civile che vieta inquinamenti del bilancio per effetto di norme fiscali, movimentare il conto “svalutazione crediti”. La “perdita su crediti”, sotto il profilo civilistico, emerge soltanto nei casi in cui, in presenza di inesigibilità definitiva, il fondo svalutazione crediti non sia capiente.
In considerazione della rilevanza di tale tema in sede di redazione del bilancio 2012 e di determinazione dell’imponibile IRES, è auspicabile che l’Agenzia delle Entrate in via interpretativa confermi tale tesi, chiarendo che le “perdite su crediti” sono deducibili indipendentemente dalla loro qualificazione contabile come “svalutazioni.
Fonte:Eutekne

lunedì 11 marzo 2013

Dichiarazione IVA 2013: pagamento del saldo iva 2012 entro il 18 marzo 2013 o differimento in caso di Unico

Entro il 18 marzo 2013 (in quanto il 16 marzo cade di sabato), i soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2012 devono versare il saldo IVA risultante dalla dichiarazione annuale.
I contribuenti che presentano la dichiarazione annuale IVA nell’ambito del modello UNICO 2013 possono effettuare il versamento entro il termine previsto per il pagamento delle imposte risultanti dal modello unificato, con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese, o frazione di mese, successivo al 18 marzo. Lo slittamento non è invece consentito a coloro che presentano la dichiarazione in forma autonoma; tali soggetti, infatti, devono versare il saldo (o la prima rata) entro il 18 marzo, pena l’applicazione delle sanzioni.
Il versamento, maggiorato dell’1% da parte dei contribuenti trimestrali per opzione, deve essere effettuato in un’unica soluzione, ovvero, in forma rateale, purché di importo pari o superiore a 11 euro (per effetto degli arrotondamenti all’euro effettuati in dichiarazione). Ai fini del versamento, occorre utilizzare il modello F24, indicando nella sezione “Erario” il codice tributo “6099” “Versamento IVA sulla base della dichiarazione annuale” e, quale anno di riferimento, il 2012.
Ai sensi dell’art. 20 del DLgs. n. 241/1997, il versamento dell’IVA a debito può essere rateizzato in un numero di rate che va da un minimo di due ad un massimo di nove. In tal caso, il pagamento deve essere effettuato con rate mensili di pari importo, maggiorate degli interessi a partire dalla seconda rata e il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il giorno di scadenza del saldo (18 marzo 2013), mentre quello delle altre rate entro il giorno 16 di ciascun mese successivo (salvo differimenti); la rateazione deve concludersi, comunque, entro il mese di novembre.
Nel 2013, le rate successive alla prima scadono, quindi, il 16 aprile, il 16 maggio, il 17 giugno (in quanto il 16 è domenica), il 16 luglio, il 20 agosto (differimento feriale), il 16 settembre, il 16 ottobre e il 18 novembre (in quanto il 16 è sabato).
Come precisato dalle istruzioni ai modelli di dichiarazione IVA relativi al 2012, i soggetti che presentano la dichiarazione separata possono versare il saldo in un’unica soluzione (entro il 18 marzo 2013), ovvero rateizzare le somme dovute, a partire dal 18 marzo, maggiorando dello 0,33% mensile l’importo di ciascuna rata successiva alla prima.
I soggetti che presentano la dichiarazione IVA nel modello UNICO, in alternativa al pagamento del saldo in un’unica soluzione entro il 18 marzo 2013, possono effettuare il versamento in un’unica soluzione entro la scadenza del modello UNICO con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese, o frazione di mese, successivo al 18 marzo, oppure possono – alternativamente – rateizzare dal 18 marzo, maggiorando dello 0,33% mensile l’importo di ciascuna rata successiva alla prima o rateizzare dalla data di versamento delle somme dovute in base al modello UNICO, maggiorando l’importo da versare, dapprima, dello 0,40% per ogni mese, o frazione di mese, successivo al 18 marzo e, successivamente, dello 0,33% mensile per ogni rata successiva alla prima.
In sede di compilazione del modello F24, trattandosi di importo rateizzabile, nella colonna rateazione dovrà essere indicato il numero della rata oggetto del pagamento, nonché il numero di rate complessivo. Per esempio, se si opta per il versamento in 4 rate, l’indicazione da riportare per il versamento della prima rata sarà “0104”. Se, invece, il versamento non viene rateizzato, deve essere indicato il valore “0101”. Gli interessi relativi alla rateizzazione devono essere esposti nel modello F24 separatamente dall’ammontare della rata dell’IVA da versare a saldo, riportando il codice tributo “1668”.
Ravvedimento “sprint” con versamento entro 14 giorni
L’omesso versamento del saldo IVA è punito con la sanzione amministrativa del 30%, ridotta al 2% per ogni giorno di ritardo se il versamento viene eseguito entro 14 giorni dalla scadenza. Resta possibile avvalersi del ravvedimento operoso per regolarizzare la violazione commessa, purché la stessa non sia stata constatata, né siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento rese note al contribuente.
In base all’art. 13, comma 1, lett. a) e b) del DLgs. n. 472/1997, la sanzione è ridotta, rispettivamente, ad 1/10 (pari al 3% dell’imposta) se la regolarizzazione avviene entro 30 giorni, oppure ad 1/8 (pari al 3,75% dell’imposta) se la regolarizzazione avviene entro il 30 settembre 2014 (termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2013). In caso di regolarizzazione entro 30 giorni, la sanzione risulta quindi pari allo 0,2% dell’imposta per ogni giorno di ritardo fino al quattordicesimo giorno, ovvero al 3% se il ritardo è superiore a 14 giorni.
Fonte: Eutekne Autore: Marco PEIROLO

venerdì 8 marzo 2013

Manutenzione delle caldaie 2013: aliquota iva al 10% risarcibile chi ha pagato l’iva al 21%

Con Risoluzione 4 marzo 2013, n. 15, l'Agenzia delle Entrate, in risposta ad un interpello ordinario, ha affermato che agli interventi ordinari di check up degli impianti di riscaldamento installati in fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata si applica l'aliquota IVA del 10%.
In sostanza l’aliquota Iva da applicare all’ordinario e obbligatorio check-up degli impianti di riscaldamento installati in “fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata”, quindi, sia condomìni sia case private, è il 10 per cento. Inoltre c’è da precisare che l’agevolazione, diretta al consumatore finale, cioè quello che sopporta il peso dell’imposta, premia soltanto gli interventi pro efficienza e non altri tipi di prestazioni, ad esempio la copertura assicurativa della responsabilità civile verso terzi, per le quali non sia indicato un corrispettivo distinto.
È stato inoltre precisato che l'agevolazione non è applicabile ai contratti che hanno ad oggetto, oltre alla manutenzione ordinaria, altre prestazioni per le quali non è stato indicato un corrispettivo distinto come, ad esempio, nei casi di copertura assicurativa delle responsabilità civile verso terzi.
La precisazione scaturisce da una richiesta di chiarimenti da parte di una società che svolge servizi di assistenza e manutenzione di caldaie a gas collocate in abitazioni private. Secondo l’azienda, dalla lettura della norma di riferimento (che individua nell’articolo 31 della legge 457/1978) il bonus spetterebbe esclusivamente in relazione agli impianti condominiali. E’ pertanto dell’idea di applicare ai propri interventi un’Iva “standard”, del 21 per cento.
L’Agenzia non è dello stesso avviso e, nello specificare che la disposizione a cui “agganciarsi” è in realtà l’articolo 3 del Dpr 380/2001, sottolinea che le attività di revisione periodica degli impianti di riscaldamento installati in “fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata”, obbligatorie per legge, rientrano tra le prestazioni agevolate previste da tale ultima norma. Si tratta, in particolare, delle opere di manutenzione ordinaria, cioè “… necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”, a prescindere dal fatto che siano sistemati in condomìni o in edifici privati.
In più, sull’integrazione e mantenimento in efficienza degli impianti in questione, l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 71 del 2000, aveva anche precisato che il beneficio è applicabile pure alle prestazioni di manutenzione obbligatoria, previste per gli impianti elevatori e per quelli di riscaldamento, consistenti in verifiche periodiche e nel ripristino della funzionalità, compresa la sostituzione delle parti di ricambio usurate, a fronte delle quali vengono corrisposti canoni annui.
Nel caso in cui la società abbia applicato l’Iva ordinaria, dovrà “risarcire” i propri clienti e poi chiedere il rimborso al Fisco, senza potersi avvalere dei meccanismi di variazione delle fatture (articolo 26 del Dpr n. 633/1972). Nel dettaglio, potrà recuperare l’imposta entro due anni dalla data del versamento solo a condizione che dimostri di averla realmente restituita agli utenti. In questo modo, la neutralità del tributo è garantita e, nello stesso tempo, si evita il rischio di indebiti arricchimenti.

mercoledì 6 marzo 2013

Tassa annuale libri sociali 2013: guida al pagamento entro il 18/03/2013

Entro il 18.3.2013 (il 16.3 cade di sabato) le società di capitali (spa, srl e sapa) devono provvedere al versamento della tassa annuale per la vidimazione dei libri sociali.
Come precisato nella CM 3.5.96, n. 108/E sono obbligate al versamento anche: le società in liquidazione ordinaria; le società sottoposte a procedure concorsuali, sempreché permanga l’obbligo della tenuta dei libri da vidimare nei modi previsti dal Codice civile.
Qualora, dopo aver versato la tassa annuale, la società trasferisca la sede sociale nella circoscrizione territoriale di competenza di un altro Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, non è richiesto un ulteriore versamento, poiché non è necessario effettuare una nuova vidimazione dei libri.
Sono esonerati dal pagamento della tassa in esame:
• le società cooperative e di mutua assicurazione;
• i consorzi che non assumono la forma di società consortili;
• le società di capitali dichiarate fallite;
• le società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza scopo di lucro affiliate ad una Federazione sportiva nazionale, ad una disciplina sportiva associata o ad un Ente di formazione sportiva.
La tassa annuale sostituisce la tassa di concessione governativa per la vidimazione dei libri sociali (libro assemblee soci, libro decisioni consiglio di amministrazione, ecc.) ed è dovuta in misura forfetaria, a prescindere dal numero di libri o pagine utilizzati durante l’anno.
L’importo dovuto si differenzia in base all’ammontare del capitale sociale o del fondo di dotazione della società risultante all’1.1 dell’anno per il quale si effettua il versamento. Così per il versamento dovuto per il 2013 (in scadenza il 18.3.2013) va fatto riferimento al capitale sociale risultante all’1.1.2013 e quanto dovuto è pari a:
• € 309,87, se il capitale sociale o il fondo di dotazione è pari o inferiore a € 516.456,90;
• € 516,46, se il capitale sociale o il fondo di dotazione è superiore a € 516.456,90.
Le (eventuali) variazioni del capitale sociale/fondo di dotazione che intervengono successivamente all’1.1.2013 non assumono alcuna rilevanza (le stesse avranno effetto su quanto dovuto per il 2014). La tassa in esame è deducibile sia ai fini IRES che ai fini IRAP.
Il versamento di quanto dovuto va effettuato tramite il mod. F24, con le consuete modalità telematiche, riportando nella Sezione “Erario” i seguenti dati: Codice tributo “7085”; Anno di riferimento “2013”.
L’importo può essere compensato con eventuali crediti disponibili tenendo presente che, anche nel caso in cui, a seguito della compensazione, il saldo risulti pari a zero, il mod. F24 va comunque presentato.
In sede di vidimazione dei libri al Notaio / Registro Imprese va esibita la prova dell’avvenuto pagamento della tassa in esame. La fotocopia del mod. F24 va esibita soltanto per le vidimazioni richieste successivamente al 18.3.2013.
Per le vidimazioni anteriori la prova del pagamento non può essere richiesta, poiché non è ancora decorso il termine per il versamento (RM 20.11.2000, n. 170/E).
Il controllo dell’avvenuto versamento può essere eseguito dall’Amministrazione finanziaria successivamente, in sede di eventuali accertamenti o verifiche.
Le società di capitali costituite successivamente all’1.1.2013 sono tenute a versare la tassa annuale (€ 309,87 / 516,46) esclusivamente mediante bollettino di c/c/p n. 6007, intestato all’Ufficio delle Entrate – Centro Operativo di Pescara.
In mancanza di una specifica sanzione disposta dal DPR n. 641/72 per l’omesso / ritardato versamento della tassa annuale si ritenere di dover fare riferimento alla regola generale in materia di omesso versamento dei tributi contenuta nell'art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 471/97 in base alla quale la sanzione è pari al 30% dell’importo dovuto.
Al contribuente è comunque consentito di regolarizzare la violazione tramite il ravvedimento operoso a condizione che:
• la violazione non sia già stata constatata;
• non siano già iniziati accessi, ispezioni o verifiche;
• non siano già iniziate altre attività amministrative di accertamento di cui l’interessato abbia avuto formale conoscenza.
Il ravvedimento può essere effettuato:
• entro 30 giorni con il versamento della sanzione ridotta:
o dallo 0,2% al 2,8% se il pagamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza, tenendo presente che per ogni giorno di ritardo va applicato lo 0,2%;
o del 3% (1/10 del 30%) se il pagamento è eseguito tra il 15° e il 30° giorno dalla scadenza;
ovvero
• entro 1 anno dalla scadenza prevista per il versamento della tassa in esame, con l’applicazione della sanzione ridotta pari al 3,75% (1/8 del 30%).
L’importo della tassa va maggiorato degli interessi di mora (2,5%). Nel caso in cui il versamento “tardivo” della tassa non è contestuale al versamento della sanzione ridotta, quest’ultima va commisurata in base ai giorni di ritardo del versamento della tassa. Come chiarito infatti dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 5.8.2011 n. 41/E, qualora un versamento di € 1.000 sia eseguito con 2 giorni di ritardo e la violazione sia regolarizzata entro 30 giorni dalla scadenza, la sanzione è pari ad € 4, ossia € 1.000 x 0,4% (30 x 2/15 x 1/10).
Per il versamento della sanzione va utilizzato il mod. F23 riportando:
• a campo 6 codice ufficio "RCC";
• a campo 9 causale “SZ”;
• a campo 11 codice tributo “678T”.
Si rammenta, infine, che entro il prossimo 18.3.2013 è possibile regolarizzare l'omesso versamento della tassa dovuta per il 2012 scaduta il 16.3.2012.

martedì 5 marzo 2013

ALIQUOTE INPS COMMERCIANTI ED ARTIGIANI 2013

Con la Circolare n.24 dell’8 febbraio 2013, l’INPS ha pubblicato le aliquote contributive dovute da artigiani e commercianti per il 2013: saranno pari al 21,75% per i primi e al 21,84% per gli esercenti attività commerciali. Riepiloghiamo i nuovi minimale e massimale di reddito nonchè le modalità e i termini di versamento.
Tali aliquote, che già erano state incrementate nel 2012 di 1,3 punti percentuali per effetto del Decreto Salva Italia, risulteranno per il 2013 aumentate di ulteriori 0,45 punti percentuali. E tale incremento, sempre per effetto del medesimo decreto, dovrà essere costante sino al raggiungimento dell’aliquota base fissata al 24%.
Per l’anno 2013, il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo dovuto é pari ad € 15.357,00. Pertanto i contributi calcolati sui redditi minimali saranno i seguenti:
• € 3.347,59 per gli artigiani, calcolato applicando il 21,75% di 15.357,00, al quale vanno poi sommati € 7,44 di maternità;
• € 3.361,41 per i commercianti, calcolato applicando il 21,84% di 15.357,00, al quale vanno poi sommati € 7,44 di maternità.
Resta confermata una riduzione per i coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni che pagano rispettivamente € 2.886,88 se artigiani (aliquota del 18,75%) ed € 2.900,70 se esercenti attività commerciale (aliquota del 18,84%).
Per la quota eccedente il predetto minimale di € 15.357,00 sono dovuti i contributi, con le medesime aliquote, sino all’importo di € 45.530,00 annui. Per i redditi superiori a tale limite è stata confermata l’aliquota più alta di un punto percentuale. Quindi, a partire da € 45.530,01, le aliquote contributive che verranno applicate ad artigiani e commercianti saranno, rispettivamente, del 22,75% e del 22,84%, mentre per i loro coadiuvanti con età non superiore a 21 anni saranno, rispettivamente, del 19,75% e del 19,84%.
Il massimale di reddito fissato per l’anno 2013 è invece di € 75.883,00 per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, di € 99.034,00 per coloro che invece sono iscritti con decorrenza gennaio 1996 o successiva.
In definitiva le due diverse aliquote saranno applicate in corrispondenza dei due diversi scaglioni:
• il primo scaglione si ferma ad € 45.530,00
• il secondo va da € 45.530,01 e si blocca ai massimali di cui sopra.
Per fare un esempio, un commerciante con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 potrà pagare un importo massimo di € 16.876,38, frutto della somma di € 9.943,75 (45.530,00 x 21,84%) più € 6.932,62 (30.353,00 x 22,84%).
Per quanto riguarda, infine, i termini per il versamento dei contributi, sono state confermate le 4 rate dovute sul minimale alle scadenze del 16 maggio, del 20 agosto, del 18 novembre 2013 e del 17 febbraio 2014, mentre per i versamenti sulla quota di reddito eccedente il minimale i termini sono quelli previsti per il pagamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche, a titolo di saldo 2012, primo acconto 2013 e secondo acconto 2013.
Giovanni Fanni – Centro Studi CGN

lunedì 4 marzo 2013

Dichiarazione IMU 2013 omessa: come sanare il mancato invio della dichiarazione imu entro il 6 maggio 2013

Entro il 6 maggio 2013 (in quanto il 5 è domenica), coloro che erano obbligati a presentare la dichiarazione IMU entro il 4 febbraio scorso possono regolarizzare la loro posizione.
Per gli immobili per i quali l’obbligo dichiarativo è sorto dal 1° gennaio 2012, infatti, il modello dichiarativo doveva essere presentato entro novanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del DM 30 ottobre 2012 (con detto decreto è stato approvato il modello, unitamente alle relative istruzioni per la compilazione, di dichiarazione IMU), scadenti appunto il 4 febbraio 2013 (in quanto il 3 era domenica).
Alle violazioni IMU, così come per l’ICI, si applicano le sanzioni previste:
- dall’art. 14 del DLgs. n. 504/92, in virtù del rinvio operato dall’art. 9 comma 7 del DLgs. n. 23/2011, le cui disposizioni sono fatte salve dall’art. 13 comma 13 del DL n. 201/2011 (conv. L. n. 214/2011);
- dall’art. 13 del DLgs. 18 dicembre 1997 n. 471, che fissa, in generale, per tutti i tributi, le sanzioni per ritardato o omesso pagamento.
Nello specifico, la normativa cui si rinvia per l’applicazione delle sanzioni alle violazioni IMU prevede che, in caso di mancata presentazione della dichiarazione (si noti che si sta parlando soltanto di omessa presentazione della dichiarazione e non di dichiarazione infedele, per la quale è prevista una sanzione che va dal 50% al 100% della maggiore imposta dovuta o di altre tipologie di violazioni), sia applicabile una sanzione dal 100% al 200% dell’imposta dovuta, con un minimo di 51 euro.
Stante quanto premesso, l’autore di omissioni o irregolarità, commesse nell’applicazione delle disposizioni tributarie, può rimediarvi spontaneamente, fruendo di rilevanti riduzioni delle sanzioni amministrative, attraverso l’istituto del “ravvedimento operoso” di cui all’art. 13 del DLgs. n. 472/1997.
Il contribuente può avvalersi del ravvedimento operoso quando la violazione non è già stata constatata dall’Amministrazione finanziaria, non sono iniziati accessi, ispezioni o verifiche e non sono iniziate altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.
Tornando alla violazione che qui ci interessa, la sanzione è ridotta a un decimo del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a 90 giorni.
In altre parole, la sanzione ridotta è pari al 10% dell’imposta eventualmente non versata, con un minimo di 5,10 euro (10% di 51 euro), se la dichiarazione IMU è presentata entro il 6 maggio 2013 (in quanto il 5 cade di domenica). La circ. Agenzia delle Entrate 12 giugno 2002 n. 50 (§ 19.5) ha chiarito che, qualora il termine per il ravvedimento operoso scada di sabato o in una giornata festiva, il versamento si considera tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo.
Il ravvedimento si perfeziona effettuando, entro 90 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, il pagamento della sanzione ridotta, dell’imposta eventualmente dovuta e degli interessi legali calcolati giorno per giorno, dalla data del pagamento scaduto a quella di effettivo pagamento.
Entro lo stesso termine, infine, si dovrebbe presentare la dichiarazione al Comune interessato, allegando la copia del versamento e indicando che si tratta di un ravvedimento operoso per tardiva presentazione della dichiarazione.
Dovrebbe valere anche per l’IMU, infatti, quanto previsto per l’ICI: alla dichiarazione presentata tardivamente si doveva allegare la fotocopia della ricevuta di versamento. Nelle “annotazioni” occorreva scrivere “Ravvedimento operoso per tardiva presentazione della dichiarazione” e specificare le somme versate a titolo di imposta, interessi e sanzione.
Sul punto, tuttavia, sarebbero opportune ulteriori istruzioni ministeriali.
Fonte: Eutekne - autore: Arianna Zeri