martedì 29 marzo 2011

Acquisto microprocessori, unità centrali e telefoni cellulari: dal 1 aprile 2011 si applica il reverse charge

Dal 1° aprile 2011, sarà obbligatoria l’applicazione del reverse charge sulle cessioni di telefonini e sui dispositivi a circuito integrato, salvo quelle poste in essere, al dettaglio, nei confronti di imprese e professionisti.
La decorrenza del nuovo obbligo è stata stabilita dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 59/2010, a seguito della decisione del Consiglio europeo con la quale l’Italia, al pari dell’Austria e della Germania, è stata autorizzata ad applicare il sistema di inversione contabile per le vendite dei beni di cui all’art. 17, comma 6, lett. b) e c) del DPR n. 633/1972.
Alla luce dell’autorizzazione concessa all’Italia, tale sistema si applica ai telefonini e non anche ai relativi componenti ed accessori, nonché ai dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale; rispetto a quest’ultima categoria di beni, la definizione prevista dalla lett. c) del sesto comma dell’art. 17 è più ampia, dato che fa riferimento ai personal computer ed ai relativi componenti ed accessori
Dato che la decisione di autorizzazione ha ristretto l’ambito oggettivo di applicazione del reverse charge, parrebbe preferibile che la fattura, emessa senza addebito dell’imposta, il cessionario, dal canto suo, deve integrare la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, annotando il documento nel registro delle fatture emesse (o in quello dei corrispettivi), entro il mese di ricevimento o anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; ai fini della detrazione, la fattura integrata va annotata nel registro degli acquisti, anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitato il relativo diritto.
Come chiarito dalla circolare n. 59/2010, per le violazioni dell’obbligo di applicazione dell’imposta con il meccanismo del reverse charge si applica l’apposita disciplina sanzionatoria di cui al comma 9-bis dell’art. 6 del DLgs. n. 471/1997. In pratica, verrà irrogata la sanzione dal 100 al 200% dell’imposta, con un minimo di 258 euro, a carico del cessionario che non assolve l’imposta, nonché a carico del cedente che l’abbia irregolarmente addebitata in fattura senza versarla all’Erario; tra le parti (cedente e cessionario) sussiste il vincolo di responsabilità solidale per il pagamento dell’imposta e della sanzione.
È, tuttavia, prevista l’irrogazione della sanzione ridotta del 3%, sempre con un minimo di 258 euro, qualora l’imposta, anche se applicata irregolarmente, sia stata comunque assolta dal cessionario o dal cedente; in tal caso, resta fermo il diritto di detrazione da parte del cessionario. Riguardo alla sanzione ridotta, è dato osservare che la circolare non richiama la soglia di 10.000 euro “per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo”. Come, infatti, indicato dalla risoluzione n. 140/2010, il limite in oggetto valeva, in via transitoria, per i primi tre anni di applicazione della disciplina sanzionatoria, introdotta dalla L. 244/2007 (Finanziaria 2008), ossia per gli anni 2008, 2009 e 2010.
Come anticipato, a livello interpretativo, l’Agenzia delle Entrate ha limitato l’obbligo del reverse charge alle “sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio”, la cui nozione – peraltro – dovrebbe desumersi dall’art. 4, lett. b) ed h) del DLgs. n. 114/1998, recante la riforma della disciplina del settore del commercio.
L’intervento, sul punto, dell’Agenzia è stato, dunque, quanto mai opportuno per evitare l’applicazione generalizzata, nei confronti di tutti i soggetti passivi acquirenti, del sistema di reverse charge, quale che fosse.
Fonte: Eutekne