venerdì 2 luglio 2010

Manovra Finanziaria 2010: regolarizzazione catastale per gli "immobili fantasma"

Si è molto parlato - sulla stampa specializzata, ma anche su organi di informazione "generalisti" - delle disposizioni relative alla cd. sanatoria catastale contenute nel D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (Manovra 2010). E se ne è parlato in molti casi più per evocarne aspetti non presenti nel provvedimento e purtuttavia ipotizzati (condono edilizio) che per analizzarne in concreto le effettive disposizioni. Disposizioni che - quando esaminate nel dettaglio - si dimostrano molto meno dirompenti di quanto si fosse portati a ritenere.
Le norme in questione sono i commi da 7 a 13 dell'art. 19 del D.L. n. 78/2010, che seguono alcune disposizioni in materia di banche dati catastali e che ne precedono altre introduttive di obblighi formali per gli atti di trasferimento e di locazione di immobili. Esse consistono, in sostanza, nel "rilancio" di una iniziativa che aveva preso le mosse già quattro anni addietro, e che consisteva in un'operazione volta a individuare e censire, da un lato, i fabbricati iscritti al Catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali e, dall'altro, i fabbricati che non risultano dichiarati al Catasto (i ccdd. immobili fantasma).
Procedura avviata nel 2006
La norma a fondamento dell’operazione avviata nel 2006 è l’art. 2, comma 36, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Tale disposizione prevedeva il seguente iter procedurale:
a) l’Agenzia del territorio individua le due categorie di fabbricati sopra indicate (ex rurali e non iscritti in Catasto);
b) sempre l’Agenzia rende nota tramite comunicato da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale la disponibilità dell’elenco degli immobili individuati, comprensivo - qualora accertata - della data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al Catasto, e pubblicizza con diverse modalità tale elenco, con valore di richiesta, per i titolari dei diritti reali sugli stessi, di presentazione degli atti di aggiornamento catastale;
c) se i titolari dei diritti reali sugli immobili in questione non provvedono alla presentazione degli atti di aggiornamento entro sette mesi dalla pubblicazione del comunicato sopra citato, sono gli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio ad iscrivere in Catasto i fabbricati, con oneri a carico degli interessati;
d) le rendite catastali dichiarate dai titolari dei diritti reali o attribuite dagli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio producono “effetto fiscale”, “in deroga alle vigenti disposizioni”, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione del comunicato dell’Agenzia del territorio sopra richiamato;
e) trovano applicazione le sanzioni relative all’obbligo di dichiarare i nuovi fabbricati entro trenta giorni dal momento in cui sono divenuti abitabili o sono divenuti, da esenti, soggetti di imposta.
Riapertura di termini per gli immobili non accatastati
Con la Manovra 2010, come detto, l’operazione decisa nel 2006 viene “riesumata”. Il comma 7 dell’art. 19 dà tempo all’Agenzia del territorio sino al 30 settembre 2010 per concludere le operazioni di pubblicizzazione degli immobili non dichiarati in Catasto (e non anche, deve ritenersi, dei fabbricati che hanno perso i requisiti di ruralità, posto che questi ultimi non vengono regolati dai successivi commi). Il successivo comma 9 dispone che entro il 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili in questione già individuati dall’Agenzia e resi noti nel periodo 2007-2009 siano tenuti a presentare la dichiarazione di aggiornamento catastale. Sempre il comma 9 prevede poi che l’Agenzia renda disponibili ai Comuni - successivamente alla registrazione degli atti di aggiornamento presentati - le dichiarazioni di accatastamento, ai fini dei controlli di conformità urbanistico-edilizia.
Le conseguenze della mancata presentazione della dichiarazione di aggiornamento da parte dei titolari di diritti reali sugli immobili in questione sono indicate al comma 10. Con esso viene stabilito che, se gli interessati non adempiono all’obbligo dichiarativo entro il 31 dicembre 2010, l’Agenzia del territorio, nelle more dell’iscrizione in Catasto, procede all’attribuzione di una rendita presunta da iscrivere transitoriamente in Catasto.
Come ha rilevato la stessa Agenzia del territorio nell’audizione dinanzi alla Commissione Finanze e Tesoro della Camera dei Deputati il 9 giugno 2010, la fissazione al 31 dicembre 2010 del termine per procedere alla presentazione delle dichiarazioni di aggiornamento catastale degli immobili non dichiarati ma già individuati non costituisce altro che una riapertura dei termini (sette mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del comunicato dell’Agenzia) fissati dal D.L. n. 262/2006. Ciò che rileva verificare è in che cosa la nuova procedura si differenzi da quella precedentemente varata e quali siano - se vi sono - gli incentivi con i quali essa si prefigge di raggiungere gli obiettivi di gettito enunciati.
Ebbene, mentre, in base alla procedura del 2006, la conseguenza del mancato aggiornamento catastale consisteva nella prevista iscrizione in Catasto da parte dell’Agenzia, con oneri a carico dell’interessato e decorrenza dall’anno successivo a quello di presunta mancata presentazione della denuncia ovvero dall’anno successivo a quello di pubblicazione del comunicato, la norma contenuta nella Manovra fa discendere da tale inadempimento l’attribuzione di una rendita presunta da iscrivere in Catasto in via provvisoria in attesa dell’iscrizione definitiva - sempre a cura, deve ritenersi, dell’Agenzia - attraverso le ordinarie procedure di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701. Nulla stabilendo, però, circa tre elementi regolati invece nel primo caso: decorrenza della rendita attribuita (provvisoria e definitiva), debenza degli oneri di iscrizione e sanzioni eventualmente applicabili.
Circa il primo punto, l’Agenzia del territorio ha espresso l’avviso che, “in assenza di espliciti riferimenti ad un regime particolare”, gli effetti fiscali - “sia in caso di adempimento nei termini da parte del titolare di diritti reali, sia in caso di intervento dell’Agenzia” - siano quelli previsti dal D.L. n. 262/2006. Con la conseguenza che in entrambi i casi citati la rendita decorrerebbe dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione catastale ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione del comunicato dell’Agenzia del territorio col quale è stato reso noto l’elenco degli immobili individuati.
Gli oneri di iscrizione, dal canto loro, si ritiene che - in assenza di specifica disposizione in tal senso - non siano da porre a carico dei contribuenti interessati. E in ciò sembrerebbe sostanziarsi l’unica reale agevolazione introdotta nella Manovra rispetto alla procedura del 2006, considerato che devono ritenersi applicabili - anche in assenza di specifica menzione - le sanzioni previste per la violazione degli obblighi di dichiarazione dei nuovi fabbricati.
Soluzioni operative
Oneri di iscrizione al Catasto
Si ritiene che gli oneri di iscrizione al Catasto per gli immobili non dichiarati, in assenza di specifica disposizione in tal senso nel D.L. n. 78/2010, non siano da porre a carico dei contribuenti interessati. E in ciò sembrerebbe sostanziarsi l’unica reale agevolazione introdotta nella Manovra rispetto alla procedura del 2006, considerato che devono ritenersi applicabili, anche in assenza di specifica menzione, le sanzioni previste per la violazione degli obblighi di dichiarazione dei nuovi fabbricati.
Per il resto, l’altra differenza sostanziale rispetto alla procedura del 2006 consiste nel fatto che l’inerzia del contribuente attribuisce all’Agenzia del territorio la facoltà di anticipare gli effetti dell’iscrizione in Catasto attraverso l’attribuzione all’immobile di una rendita presunta. Ciò consente all’Erario di ottenere più rapidamente quegli effetti di gettito che costituiscono la ragione di fondo del rilancio di una operazione ampiamente avviata.
Ma è da dubitarsi che - in assenza di modifiche al testo eventualmente operate in sede di conversione in legge del decreto, attraverso l’introduzione di efficaci forme di incentivazione - il meccanismo previsto nella Manovra possa conseguire risultati significativi. Solo garantendo ai soggetti interessati rilevanti agevolazioni in ordine al pagamento delle imposte (e delle relative sanzioni) dovute per il passato con riferimento agli immobili oggetto di emersione (presenti in un primo testo della Manovra, poi modificato), può infatti essere ritenuta verosimile un’adesione su larga scala alla regolarizzazione catastale.
Nuova procedura per le variazioni non denunciate
Sempre entro il 31 dicembre 2010, viene previsto che i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata in Catasto siano tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale. In caso negativo - dice la norma - l’Agenzia del territorio procede agli accertamenti di competenza anche con la collaborazione dei Comuni.
Se, con riferimento alla procedura di emersione prevista per gli immobili non dichiarati in Catasto, risulta difficile individuare gli incentivi o i disincentivi che potrebbero verosimilmente determinare il successo dell’operazione, nel caso delle variazioni non denunciate il meccanismo previsto dalla norma non lascia intravedere - a meno di modifiche in sede parlamentare - alcuno spiraglio per un successo della stessa.
In questo caso, infatti, tutto ciò che l’inerzia dei soggetti interessati determina consiste nella previsione che l’Agenzia del territorio proceda “agli accertamenti di competenza, anche con la collaborazione dei Comuni”. Attività - all’evidenza - che l’Agenzia può svolgere anche in via ordinaria, per cui non si comprende la portata di una disposizione che - senza prevedere agevolazioni di alcun genere - impone un termine per un adempimento che avrebbe già dovuto essere eseguito.
Riclassamento previsto nel 2004
Le disposizioni introdotte con la Manovra fanno inevitabilmente tornare alla mente un altro tentativo di stimolare la regolarizzazione di difformità esistenti nelle unità immobiliari dal punto di vista catastale.
Ci si riferisce all’art. 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che prevede - con una disposizione tuttora vigente - una procedura finalizzata alla revisione del classamento di singole unità immobiliari di proprietà privata, in caso di:
- immobili non dichiarati in Catasto;
- situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie.
La norma dispone, in particolare, che i Comuni, “constatata” la presenza di tali fattispecie, possano richiedere, ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate, la presentazione di atti di aggiornamento redatti secondo le ordinarie modalità previste dall’ordinamento (in base a quanto previsto, quindi, dal regolamento di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701, attuato attraverso la cd. procedura informatica DOCFA).
La legge aggiunge che la richiesta, che deve contenere gli elementi constatati - tra i quali, se accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale -, deve poi essere notificata ai soggetti interessati e comunicata agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro 90 giorni dalla notificazione, gli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, all’iscrizione in Catasto dell’immobile non accatastato, ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando all’interessato stesso le risultanze del classamento e la relativa rendita.
Il successivo comma 337 dispone poi che le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del Comune producono “effetto fiscale”:
- a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui si riferisce la mancata presentazione della denuncia catastale, eventualmente indicata nella richiesta notificata dal Comune;
- ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di notifica della richiesta del Comune.
L’esperienza degli anni di vigenza della normativa sopra riassunta conduce a nutrire forti dubbi sulla capacità delle nuove disposizioni contenute nella Manovra 2010 di produrre reali effetti. I pochi Comuni che l’hanno applicata hanno in genere fatto un uso piuttosto improprio della disciplina del 2004, generalmente decidendo di trasmettere comunicazioni “di massa” ai proprietari di unità immobiliari di particolari categorie catastali, con riferimento alle quali veniva presunto un inquadramento catastale non più attuale (mentre la norma imponeva di richiedere gli aggiornamenti con riferimento alle sole unità immobiliari per le quali i Comuni stessi avessero constatato delle difformità), e richiedendo agli stessi di verificare la legittimità della situazione catastale del proprio immobile. Con la conseguenza di non giungere ad alcun risultato concreto.
La procedura prevista dalla Manovra non avrà - verosimilmente - miglior fortuna. Anch’essa risente, infatti, di limiti congeniti al sistema catastale che - finché non verranno affrontati e risolti - non consentiranno di evitare situazioni di incongruenza sovente prive di qualsiasi volontà elusiva da parte degli interessati.
Eccettuati, infatti, i casi più evidenti, è lo stesso sistema catastale che si è stratificato negli anni che non consente ai proprietari di conoscere con sufficiente sicurezza il giusto inquadramento catastale del proprio immobile, con la conseguenza che per la maggior parte degli immobili risulta di estrema difficoltà riscontrare eventuali “incoerenze” tra le situazioni di fatto e i classamenti catastali.
Il problema è legato in particolare alla non fruibilità, da parte dei proprietari, delle unità immobiliari tipo, che dovrebbero costituire - per legge - il termine di riferimento per ogni operazione di classamento. E il problema esiste tanto con riferimento all’ordinario obbligo dei proprietari di presentare le dichiarazioni di variazione dello stato dei beni previste dalla normativa del 1939 (art. 20 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249), secondo il procedimento informatico di cui al D.M. n. 701/2004, quanto - in misura accentuata - in caso di richiesta di valutazione a posteriori dello stato dell’immobile, in particolare nelle situazioni in cui l’attuale proprietario non abbia operato alcuna modifica di rilievo alla propria unità immobiliare.
Dati catastali per la registrazione dei contratti di locazione
Il comma 15 dell’art. 19 del D.L. n. 78/2010 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2010, “la richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l’indicazione dei dati catastali degli immobili”.
La novità normativa
Registrazione di contratti di locazione o affitto
Il D.L. n. 78/2010 prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2010, la richiesta di registrazione di contratti, scritti o verbali, di locazione o affitto di beni immobili esistenti sul territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite, deve contenere anche l’indicazione dei dati catastali degli immobili.
La stessa norma stabilisce che “la mancata o errata indicazione dei dati catastali è considerata fatto rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro ed è punita con la sanzione prevista dall’articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131” (dal 120 al 240% dell’imposta dovuta).
La norma impone l’indicazione dei dati catastali nelle “richieste” di registrazione dei contratti e relative cessioni, risoluzioni e proroghe. L’Agenzia delle entrate ha quindi conseguentemente proceduto a una revisione della modulistica normalmente utilizzata per l’esecuzione degli obblighi in questione. Con provvedimento 25 giugno 2010, sono stati in particolare approvati:
- una nuova versione del Mod. 69 (“Richiesta di registrazione”), nell’ambito del quale è stato inserito il Quadro D, denominato “Dati degli immobili”, da utilizzarsi per la registrazione dei nuovi contratti;
- un nuovo modello, denominato CDC, da utilizzarsi per la comunicazione dei dati catastali in caso di cessioni, risoluzioni e proroghe di contratti già in essere.
I nuovi modelli approvati riguardano l’adempimento “cartaceo”, presso gli Uffici, degli obblighi di registrazione. Tuttavia, per la registrazione dei contratti di locazione (nonché delle relative cessioni, risoluzioni e proroghe) esiste anche una modalità telematica, obbligatoria per i possessori di oltre 100 immobili e facoltativa per tutti gli altri contribuenti. In relazione a tale modalità, l’Agenzia delle entrate - con lo stesso provvedimento - ha pertanto provveduto ad approvare le nuove “specifiche tecniche”, al fine di consentire l’inserimento dei dati catastali dell’immobile anche nel programma informatico da utilizzare per gli adempimenti di registrazione.
Da sottolineare che, in sede di emanazione del provvedimento attuativo, l’Agenzia ha esteso l’adempimento relativo all’indicazione dei dati catastali alle richieste di registrazione anche dei contratti di comodato. Estensione resasi necessaria - dice il provvedimento - “per motivi di omogeneità e di razionalizzazione del sistema”.
Dati catastali per gli atti di trasferimento
L’art. 19 del D.L. n. 78/2010 prevede, al comma 14, nuovi adempimenti - sempre a decorrere dal 1° luglio 2010 - anche in relazione alle compravendite di immobili urbani e, più in generale, agli atti di trasferimento di diritti reali, a quelli di costituzione di diritti reali e a quelli di scioglimento di comunione di diritti reali. Con esso si dispone, in particolare, che “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità”:
a) l’identificazione catastale;
b) il riferimento alle planimetrie depositate in Catasto;
c) la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
“Prima della stipula dei predetti atti - aggiunge la norma - il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari".
Quanto all’adempimento sub c), deve sottolinearsi che la norma prescrive - a pena di nullità - la presenza nell’atto della dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, nulla prevedendo con riferimento alla veridicità di tale dichiarazione. Ciò che deve far ritenere che la nullità dell’atto possa configurarsi esclusivamente in caso di assenza della dichiarazione, e non in caso di presenza di una dichiarazione che attesti una conformità in realtà inesistente.
Quanto, invece, all’obbligo per il notaio di verificare il cd. allineamento - in molti casi mancante, per inefficienze dei privati o degli Uffici - fra gli intestatari dei beni nei registri immobiliari e in Catasto, deve rilevarsi che la norma non prevede sanzioni, quale potrebbe essere il divieto di stipula, in caso di non coincidenza fra le due risultanze.
Fonte: Corriere Tributario - Giorgio Spaziani Testa