martedì 12 aprile 2011

Elenchi VIES: come fatturare quando non si è iscritti

Con i provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate del 29 dicembre 2010 (prot. nn. 2010/188376 e 2010/188381), oltre alle modalità per l’inclusione delle partite IVA nella “banca-dati” VIES (VAT Information Exchange System) dei soggetti titolari di partita IVA che effettuano tali operazioni, sono state fissate le modalità di diniego o revoca dell’autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie.
In particolare, in sede di apertura della partita IVA, la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie deve essere manifestata compilando il campo “Operazioni Intracomunitarie” del Quadro I dei modelli AA7 (soggetti diversi dalle persone fisiche) e AA9 (imprese individuali e lavoratori autonomi), attraverso l’indicazione dell’ammontare annuo delle operazioni intracomunitarie che si presumono di effettuare nei confronti di operatori UE, suddivise tra acquisti e vendite. È da ritenersi che, nell’ipotesi in cui la stima dell’ammontare delle operazioni indicata non rispecchi poi la realtà, ciò non possa comunque comportare nessuna sanzione, né si debba effettuare alcuna comunicazione rettificativa.
Per gli enti non commerciali non soggetti passivi d’imposta, ai fini della manifestazione della volontà in questione è sufficiente la selezione della casella “C” del Quadro A del modello AA7.
Il citato provvedimento ha disposto che debbano richiedere l’autorizzazione anche i soggetti già titolari di partita IVA (ai quali viene esteso l’obbligo in questione), sempre che ne ricorrano i presupposti (vedi oltre), presentando apposita istanza a un (qualunque) Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, o al Centro Operativo di Pescara qualora la stessa sia inoltrata da soggetti non residenti che presentano la dichiarazione per l’identificazione diretta ai fini IVA (modello ANR) ai sensi dell’articolo 35-ter del DPR n. 633/1972. In aggiunta alle modalità indicate, la richiesta di inserimento nel VIES può essere effettuata anche previo invio di una raccomandata, congiuntamente alla copia fotostatica di un documento di identità, all’Ufficio dell’Agenzia competente per le attività di controllo. Il provvedimento prevede, peraltro, che analoghe modalità debbano essere utilizzate anche laddove si voglia retrocedere dall’opzione. Sembrerebbe quantomeno singolare che un contribuente, una volta autorizzato ad effettuare operazioni intracomunitarie, nel ritenere che non ne debba più fare, perda tempo e il denaro della raccomandata per comunicare la revoca: occorre però considerare che rimanere nella banca–dati VIES espone al rischio di potenziali controlli, mirati alla verifica del rispetto delle disposizioni sulle transazioni UE.
Entro trenta giorni dalla ricezione della dichiarazione di volontà da parte del contribuente ad effettuare operazioni intracomunitarie, l’Agenzia delle Entrate verifica la completezza e l’esattezza dei dati forniti, effettuando una valutazione preliminare di questi ultimi nonché del rischio. In caso di esito positivo di tale verifica, il quale si manifesta implicitamente attraverso un meccanismo di silenzio-assenso, a partire dal trentunesimo giorno dalla spedizione della raccomandata RR (o consegna direttamente presso l’Ufficio) della dichiarazione di volontà a porre in essere operazioni intracomunitarie, la partita IVA dei contribuenti viene inserita nella banca-dati VIES.
Nella circolare n. 4 del 15 febbraio 2011, l’Agenzia ha fatto presente che il soggetto che ha richiesto l’autorizzazione, nei 30 giorni successivi, può effettuare solo operazioni interne, non possedendo la soggettività attiva e passiva per effettuare operazioni intracomunitarie e non essendo, peraltro, incluso nell’archivio della banca-dati VIES.
Al riguardo, non si comprende appieno come debba essere interpretato tale passaggio, che, per come formulato, porterebbe anche a far ritenere che il soggetto non possa in alcun modo né comprare né vendere da/a un operatore ubicato in Paesi della UE. Tale conclusione, tuttavia, estremamente penalizzante, non sembra scontata. Tanto che ci si chiede come regolarsi contabilmente e fiscalmente laddove l’operatore non incluso nel VIES intenda effettuare scambi intra-UE. In dottrina si è proposta la soluzione di considerare la cessione da parte del soggetto italiano al soggetto comunitario come “cessione interna” e di assoggettarla dunque all’IVA nazionale, con buona pace dell’acquirente estero che, magari inconsapevole, si vedrà addebitata l’IVA italiana in fattura. Viceversa, in caso di acquisto da parte di un soggetto italiano non incluso nel VIES nei confronti di un soggetto comunitario, quest’ultimo dovrebbe fatturare con l’IVA del proprio Paese. Si è arrivati anche a sostenere che in quest’ultimo caso il soggetto italiano dovrebbe poi applicare in reverse charge l’IVA italiana sul totale della fattura estera (imponibile+IVA). Procedura senz’altro anomala.