venerdì 27 febbraio 2015

VIES 2015: nessuna sanzione per il passato

Con la C.M. 31/E/2014, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito, in applicazione del principio del favor rei, che non è più sanzionabile il comportamento posto in essere da un soggetto passivo che avesse effettuato, prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, operazioni intracomunitarie antecedentemente al decorso dei trenta giorni entro i quali, ai sensi del vecchio comma 7-bis, l’Ufficio avrebbe potuto emettere un provvedimento di diniego all’iscrizione al VIES. 
Iscrizione al VIES immediata - Con l’art. 22 del Decreto semplificazioni fiscali (D.Lgs. 175/2014), è stato riscritto l’art. 35 del D.P.R. 633/1972 (la nuova disposizione modifica l’art. 35 del D.P.R. n. 633 del 1972, intervenendo sui commi 7-bis (sostituito), 7-ter (abrogato), 15-bis (integrato), 15-quater (abrogato)), prevedendo che con l’esercizio dell’opzione per l’inclusione nell’archivio VIES, o al momento di presentazione della Dichiarazione di inizio attività o in un momento successivo, con modalità da stabilirsi con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Provvedimento 12/12/2014), il soggetto viene automaticamente incluso nell’archivio VIES e può iniziare da subito a effettuare operazioni intracomunitarie (senza attendere 30 giorni). 
Previgente normativa - Nella previgente normativa, l’iscrizione all’archivio VIES poteva avvenire al momento di presentazione della Dichiarazione di inizio attività oppure in un momento successivo. Tale iscrizione diveniva efficace decorsi 30 giorni dalla presentazione della richiesta, tranne il caso in cui nel medesimo termine l’Amministrazione Finanziaria emanasse un provvedimento motivato di diniego che precludeva l’inserimento nel Vies. 
Ciò che si vuole evidenziare è che la soggettività attiva e passiva all’effettuazione di operazioni intracomunitarie era sospesa nel periodo di 30 giorni dall’effettuazione della richiesta, ovvero dopo la notifica del diniego. 
Le sanzioni per il pregresso – Come precedentemente accennato, con la C.M. 31/E del 30.12.2014, l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che per le operazioni effettuate in vigenza della precedente normativa, si ritiene applicabile il principio del favor rei, previsto dall’art. 3, comma 2, del D.Lgs. del 18 dicembre 1997 n. 472, ai sensi del quale “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”. 
ertanto, l’effettuazione di operazioni intracomunitarie in regime di non imponibilità nel periodo di 30 giorni in cui la soggettività attiva e passiva era sospesa non è sanzionabile da parte dell’Amministrazione Finanziaria, salvo il caso in cui il provvedimento di irrogazione delle sanzioni non sia divenuto definitivo. 
Resta da stabilire la possibilità di contestazione del regime impositivo adottato. Infatti, la mancata iscrizione al VIES faceva sì che eventuali cessioni di beni, oppure prestazioni «generiche» intracomunitarie, effettuate da un soggetto passivo italiano, dovessero essere assoggettate a imposizione in Italia, il luogo del regime di non imponibilità adottato. 
Sulla questione nessuna presa di posizione da parte dell’Amministrazione Finanziaria. 
La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che la mancanza del codice identificativo Iva, o anche solo quella della sua “visibilità” nell’archivio Vies, non può mettere in discussione l’inquadramento dell’operazione, se sussistono i presupposti sostanziali e sia fornita la “dimostrazione certa” della loro esistenza (Cassazione 21183/2014). 
Da un punto di vista sostanziale, dunque, il regime impositivo non potrà essere contestato, se sussistono le condizioni dettate dall’art. 41, D.L. 331/1993; la richiamata disposizione prevede che un'operazione di cessione assume la qualifica di scambio intracomunitario non imponibile ai fini Iva nel caso in cui siano rispettate le seguenti condizioni: 
• onerosità dell’operazione; 
• acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni; 
• status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario; 
• effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto (R.M. 19/E/2013). 
In merito all’ultimo requisito citato, la Corte di Giustizia UE ha sancito la necessità che il fornitore dia “prova che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione" (sentenza in causa C- 409/04, punto 42 - in senso conforme anche la sentenza del 27/09/2007, in causa C-184/05, punto 23).
Fonte: Fiscal Focus