martedì 4 dicembre 2012

Condomino riforma 2012: i condomini non possono eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio

La legge di riforma del condominio è intervenuta anche sull’art. 1122 c.c. La versione sinora in vigore di tale articolo, titolata in modo un po’ fuorviante “Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune”, stabilisce che “Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio”.
Una volta che la riforma condominiale sarà entrata in vigore (sei mesi dopo la data di pubblicazione sulla G.U.), il nuovo art. 1122 risulterà modificato nel titolo, più aderente all’effettivo contenuto (“Opere su parti di proprietà o uso individuale”), e anche in quest’ultimo.
La nuova versione dell’articolo, formata da due commi, dispone infatti che “Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio” e che “in ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”.
Da un lato, rispetto al testo vigente, la nuova norma integra, più che altro sul piano formale, l’ambito di possibile applicazione, richiamando infatti, oltre alle porzioni esclusive (per così dire, tali “per loro natura e ab origine”, ossia le singole unità, quali appartamenti, uffici, negozi, box, cantine, ecc.), anche quelle porzioni che, di regola destinate a un uso comune, siano invece state attribuite in proprietà esclusiva o, quanto meno, destinate all’uso individuale, e non più comune.
Dall’altro lato, poi, l’articolo “recupera” i divieti – che, sinora, trovavano collocazione all’interno dell’art. 1120, comma 2, dal quale sono stati ora espunti – riferiti ai possibili pregiudizi arrecabili all’edificio.
Infine (e qui sta la parte più innovativa, ma anche meno convincente, della norma), si prescrive un obbligo di “preventiva informativa” all’amministratore – generalizzato, senza limitazioni rispetto al tipo di opera – il quale è tenuto ex lege a riferire all’assemblea.
A fronte del dovere del condomino di dare preventiva notizia all’amministratore, non è prevista alcuna autorizzazione o approvazione da parte dell’organo assembleare, trattandosi, d’altra parte, di opere eseguite su parti esclusive (per proprietà o per diritto d’uso): è sancito, quindi, solo un diritto/dovere di informazione, che, peraltro, non è assistito neppure dalla prescrizione, a carico dell’amministratore, di rendere la comunicazione “senza indugio”.
Cosicché, applicando la norma per quanto la stessa stabilisce, in occasione delle assemblee periodiche, il più delle volte a distanza di tempo e a lavori già avviati o addirittura ultimati, l’amministratore informerà l’assemblea che i condomini “A”, “B”, “C”, “N” hanno effettuato all’interno delle proprie unità immobiliari determinate opere, dando indicazioni circa la loro natura. Con quale concreta utilità è da verificare.
È interessante osservare che nella versione della riforma originariamente approvata dal Senato, all’ultimo comma del nuovo art. 1122 era previsto espressamente che “In mancanza di dettagliate informazioni sul contenuto specifico e sulle modalità di esecuzione, l’amministratore può, previa diffida, rivolgersi all’autorità giudiziaria che provvede in via d’urgenza ai sensi dell’articolo 1171”.
Alla Camera tale disposizione è stata però ritenuta eccessiva – per l’elevato onere posto a carico dell’amministratore e per l’invasività rispetto ai singoli condomini – ed è stata soppressa nel testo approvato il 27 settembre 2012 e trasmesso al Senato, per la sua definitiva approvazione, senza modifiche, avvenuta il 20 novembre scorso.