lunedì 12 dicembre 2011

Decreto Salva Italia: tirocinio professionale ridotto a 18 mesi (professioni sanitarie escluse)

Il Governo Monti accelera sulla riforma delle professioni dettata dalla manovra di Ferragosto (L. 148/2011) e dall’ultima Legge di stabilità (L. 183/2011): l’apposito DPR di riforma dovrà essere approvato e adottato “in ogni caso” entro il 13 agosto 2012 (ossia a un anno esatto dall’entrata in vigore della manovra di Ferragosto), altrimenti scatterà l’abrogazione delle vigenti norme sugli ordinamenti professionali: in altre parole, gli Ordini decadrebbero.
È quanto prevede il Decreto “Salva Italia” (DL 201/2011, pubblicato nella G.U. del 6 dicembre scorso). E anche ammettendo che il Governo riesca a mettere in campo una riforma attesa – e rimandata – da vent’anni, non sarà un intervento “indolore” per la categoria dei commercialisti.
Modificando l’art. 10 della Legge di stabilità, l’art. 33 del Decreto “Salva Italia” – oltre a dare valore perentorio al limite temporale per la riforma delle professioni – interviene indirettamente sull’art. 3, comma 5, lett. c) della manovra di Ferragosto, dimezzando la durata massima del tirocinio da tre anni a diciotto mesi (professioni sanitarie escluse). Perché la novità si concretizzi, dovrà dunque passare attraverso l’approvazione del regolamento governativo e il suo recepimento all’interno dei singoli ordinamenti: fino ad allora, lato commercialisti, resterà di 36 mesi.
Se, dalla scorsa estate, i propositi di abolizione dell’esame di Stato sono caduti nel vuoto, la “macchina” liberalizzatrice non si è mai fermata. Ogni provvedimento aggiunge un tassello ai precedenti: i principi della riforma sono contenuti nella manovra di Ferragosto, rilanciata poi dalla Legge di stabilità, che vi ha aggiunto l’esplicito riferimento al DPR (“Con decreto del Presidente della Repubblica (…) gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati”) e la facoltà di costituire società professionali. Dulcis in fundo, procedendo a ritroso fra i precedenti decreti, con il DL 201/2011 il Governo tecnico ha ridotto drasticamente la durata massima del tirocinio, imponendo (a se stesso e agli Ordini) la scadenza del prossimo 13 agosto per l’emanazione del DPR e per il relativo adeguamento. Una scadenza tassativa, superata la quale “le norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate”, dicitura generica che sembrerebbe riferirsi, ad esempio, al DLgs. 139/2005 che ha istituito l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Quanto al dimezzamento del periodo massimo di tirocinio, la ratio della misura è ovviamente quella di anticipare l’accesso dei giovani al mondo del lavoro. Le critiche non mancheranno, anche perché la categoria dei commercialisti si è già mossa, prima di altre, in questa direzione, permettendo che due dei tre anni di tirocinio abilitativo possano essere svolti nell’ambito della laurea specialistica o magistrale. Senza contare, poi, le conseguenze del tirocinio “ridotto” sulla preparazione dei nuovi professionisti.
La riduzione del tirocinio non dovrebbe avere effetti per quanto riguarda i notai, che già prevedono un praticantato di 18 mesi, con la possibilità iniziare sei mesi prima della laurea qualora manchi un massimo di 60 crediti formativi per ottenere il titolo, inclusi quelli della tesi. La novità impatta invece sulla professione forense: attualmente il tirocinio da avvocato deve durare due anni (uno nel caso in cui si frequenti una “scuola di specializzazione per le professioni legali”, valida per l’accesso all’esame di Stato). Altre, peraltro, sono le norme della riforma che l’Avvocatura ha già chiesto di emendare, fra cui l’abolizione delle tariffe.
In queste ore, voci di allarme si sono levate dal mondo professionale, su cui pende minacciosa la “spada di Damocle” dell’abrogazione automatica a metà agosto. Per il Presidente del Comitato unitario professioni (CUP), Marina Calderone, la “norma-tagliola” – minacciando indistintamente tutte le professioni – mette a rischio alcuni diritti fondamentali del cittadino, fra cui salute, difesa e lavoro: “Attendiamo di essere immediatamente convocati – ha sottolineato – per avviare la necessaria fase di consultazione, così come affermato dal Premier Monti”. Stesso appello lanciato da Confprofessioni.
Fra i primi a reagire anche l’Organismo unitario dell’avvocatura (OUA), che ha annunciato di voler portare la questione di fronte alla Consulta, alla Corte di Giustizia Ue e persino alla Corte europea dei diritti dell’uomo, con l’aiuto di cittadini, Ordini, associazioni e altri professionisti: “Le professioni vanno modernizzate ma non con decreto – ha spiegato il Presidente dell’OUA, De Tilla – senza consultazione con le categorie, senza dibattito parlamentare e, soprattutto, approvando così norme che violano la Costituzione”. Tantopiù che, aggiunge De Tilla, “la riforma delle professioni non ha nulla a che vedere con le reali cause della crisi economica, che riguardano il capitalismo parassitario e finanziario, la corruzione, l’evasione fiscale. E se si vuole far intendere ciò, è una grande bugia, una scusa per «rottamare» le attività professionali, facendo passare più di due milioni di professionisti, che raccolgono disoccupazione intellettuale, lavoro precario e lavoro sottoremunerato, come una «casta di privilegiati»”.
Fonte: Eutekne